Giorgio Pirazzini vive a Parigi e attorno a questa città ha ambientato il suo libro. Non è un romanzo né un’autobiografia, non è una monografia storica né un diario di viaggio o una raccolta fotografica. Eppure 9 notti a Parigi (pubblicato da Miraggi Edizioni) raccoglie l’essenza di tutti questi generi. Il protagonista è un giovane italiano che si è trasferito per lavoro sul suolo francese (proprio come l’autore) e stralci della sua vita sono raccontati attraverso gli incontri nei locali parigini, per le strade e alle fermate della metro. Pirazzini racconta una Parigi a tratti un po’ naif e bohemien, spontanea e non ricoperta di lustrini, con un alone romantico che però poco condivide con le immagini dei molti film che l’hanno eletta capitale dell’amore. Piuttosto, sono gli incontri e il clima che abita le sue strade a regalare un’occhiata piena di fascino alla capitale francese. Così, tra bicchieri di vino e degustazioni di formaggi, occhiate a donne avvenenti e chiacchiere con tifosi di calcio stranieri e clochard, si tratteggia un percorso per le vie di Parigi che dal libro si traduce in un sito in continuo aggiornamento.
* sopra, Giorgio Pirazzini nelle foto di Andrea Liverani
Come è nata l’idea di questo romanzo e vi si può leggere qualche tratto autobiografico?
È nato come un puzzle. Prima ho scritto qualche racconto ispirato dall’arrivo a Parigi, poi ho cominciato a vedere una certa coerenza dei temi e quindi ho lavorato sulle ambientazioni e sui personaggi per renderli coerenti nel libro. Ci ho messo diversi anni, con lunghe pause e grandi accelerazioni. A livello narrativo, di autobiografico c’è il 50 per cento, l’altro 50 per cento è finzione. Al lettore la scelta dei rispettivi 50. Nei dettagli invece è fedele alla realtà. Ci sono i miei gusti di vini, bar (anche quelli che non consiglio), formaggi e soprattutto le strade di Parigi, con i loro particolari e la loro storia.
E’ simpatico e originale trovare in mezzo al volume l’inserto con le cartine, i percorsi seguiti dal protagonista e le foto dei locali. Quanto ha inciso nella struttura del libro l’ambientazione e la scelta di prediligere la notte come sfondo?
Se leggi Fiesta sulla terrazza di un bistrot di Parigi, quando alzi gli occhi ti accorgi che puoi ripercorrere le strade di cui Hemingway parla nel suo libro. Dal momento che Parigi è un personaggio vero e proprio, cercavo un modo di dare al lettore la possibilità di seguire il protagonista fra le strade del Quartiere Latino, del Marais e di Montmartre e di vedere con i propri occhi i locali dove sono ambientate le notti. Quanto alla notte è una pura preferenza personale: gli incontri da ricordare mi sono quasi sempre capitati di notte.
Ogni capitolo appare quasi come una vicenda a sé, anche se la caratterizzazione dei personaggi principali e talvolta degli ambienti imprime una forte omogeneità a livello narrativo…
L’idea è quella di raccontare la vita quotidiana e notturna di un trentenne a Parigi. All’inizio di ogni capitolo il lettore non deve resettare la mente perché il protagonista è sempre lo stesso, quindi i suoi gusti, i suoi amici e la sua vita sono sempre gli stessi. Nella tua prima domanda lo hai definito come un romanzo, e non una raccolta di racconti come l’ho visto io per molto tempo, e dici bene.
E’ un libro che gioca molto sulla sensorialità. Semplificando possiamo dire che gli ingredienti base del romanzo sono il cibo e il vino, le donne e le feste; eppure tutto sembra dettato dalla casualità ed un grande ruolo è ricoperto dalla spontaneità degli incontri. Verso la fine inizi a far parlare anche il protagonista di libertà. Vi sono “scopi filosofeggianti” in questo romanzo o si tratta solo del normale fluire di pensieri incastonati in una vita un po’ bohemien?
La sensorialità è importantissima proprio perché per me Parigi è stato un incontro sensoriale. Ricordo le prime sensazioni che ho avuto quando mi sono trasferito, gli odori delle boulangerie, scoprire i vini, scegliere le ostriche, ordinare un piatto di formaggi al bancone di una brasserie. Ecco perché ho poi cercato di dare al lettore un glossario di questa sensorialità sul sito www.novenotti.it. Verso la fine il protagonista è lasciato da solo a fare il flâneur. Pensa alle cose più disparate e guarda quello che lo circonda con occhi diversi da quelli di qualcuno che va verso un luogo preciso. Però spero sempre di esser riuscito a fare un passo indietro per lasciare parlare le storie perché come lettore sono spesso più interessato alla storia che all’opinione dell’autore.
Si nota quasi una trasformazione nel protagonista da quando al suo fianco appare l’affascinante Marion, mentre prima si osservava una carrellata di figure femminili che sembravano farlo ruotare su una giostra…
Quella è una parte dell’evoluzione del personaggio. Ha una vita personale che continua attraverso le notti, prima è un single a Parigi e poi incontra qualcuno e così il personaggio evolve con gli incontri che fa. La storia con Marion non è la scintilla di una trama, perché questo libro è una raccolta di scene parigine senza picchi drammatici, ma cambia il suo modo di comportarsi. Le notti sono più onde di marea che tsunami.
Molto intenso l’ultimo capitolo dove racconti l’incontro con un clochard e il vivere da barbone per due giorni a cui è portato lo stesso protagonista. In tutto il libro, però, qua e là, spuntano figure che vivono la strada. Puoi raccontare qualcosa di più su questo aspetto del romanzo?
Il vagabondo metropolitano è una figura intensa e dolorosa, l’abitante principe di una città perché non ne esce mai, una specie di yeti urbano al contrario che tutti vedono ma nessuno ricorda. Sembrano ombre ma sono esseri umani, vivono in simbiosi con la città che gli dà briciole per sopravvivere e al tempo stesso se li divora. Probabilmente molti di loro avevano un’esistenza normale e un tetto sopra la testa prima di crollare. Cosa è mancato? La famiglia? Amici? Amore?
Ci sono aspetti di Parigi che per motivi di conduzione della storia o di contesto non sei riuscito ad inserire ma ti sarebbe piaciuto?
Più cafés, più bistrots, più brasserie, più bar, più luoghi dove vivere o guardare la vita della gente. Dovrei fare una sezione speciale dei bar che ho dimenticato o che non sono riuscito ad aggiungere. Ma in realtà, c’è già. Infatti, sul mio sito www.giorgiopirazzini.com ho inserito una mappa di tutti i bar che preferisco; dovrei aggiornarla più spesso, ma di tanto in tanto mi ricordo di farlo.