Il lavoro del traduttore è cambiato negli ultimi anni ma resta fondamentale per la diffusione della lettura e per la filiera editoriale. Anche per questo sono utili tavole rotonde in cui si parla di qualità della traduzione come di un ingrediente essenziale per la realizzazione di un buon ambiente culturale. Giovedì 8 maggio, al Salone Internazionale del Libro di Torino, si è svolto l’incontro “Seminari di traduzione. Lavorare nell’editoria oggi – Officina, editoria di progetto”. Ilide Carmignani ha introdotto il tema con un dato: “Nel Nordest c’è un lieve incremento della lettura ma l’editoria sta attraversando un periodo difficile”. Di più. Luisa Capelli, docente di Economia e gestione delle imprese editoriali all’Università di Tor Vergata ed esperta in bibliodiversità, ha tratteggiato un quadro più cupo: “La situazione è veramente drammatica per l’editoria, per non parlare di ciò che sta attraversando l’industria dell’informazione elettronica. Ci sono rivoluzioni in atto, non solo per l’uso di nuove tecnologie. Spesso ciò porta con sé la smobilitazione di interi processi di lavorazione. Il problema è capire chi sono i soggetti che hanno i poteri maggiori in questi processi. L’importante è che questo travolgimento non porti l’annichilimento di relazioni che in questi anni si sono consolidate”. Capelli, citando un’analisi di Giovanni Solimine, ha evidenziato come gli indici di lettura siano più bassi al sud e centro d’Italia: “A livello sociale i dati sono preoccupanti: se centinaia di giovani fino a 30 anni non hanno mai avuto occasione di incontro con la cultura attraverso cinema e teatro come possiamo pensare che leggano? Non possiamo ragionare su quanto cala la percentuale di acquirenti e lettori di libri se non ci poniamo il problema di incentivi e investimenti che occorre fare ad ampio livello per la cultura“.
I relatori hanno raccontato il proprio cammino professionale e come questo si sia evoluto nel tempo grazie all’uso di risorse web: “Forse abbiamo dimenticato che alcuni di noi hanno iniziato a fare traduzioni prima della nascita di internet, lavorando con un dizionario, enciclopedie e poco altro – ha affermato Richard Dixon – Oggi è molto diverso: c’è un miglioramento della qualità, la traduzione è molto più precisa. Il lavoro del traduttore fino a pochi anni fa era solitario, oggi c’è una comunità di traduttori che collabora”. Marina Morpurgo ha iniziato la sua carriera nel mondo della scrittura come cronista e caporedattore per poi passare a tradurre, leggere e valutare manoscritti per case editrici, arrivando a ricoprire anche il ruolo di editor e a scrivere lei stessa dei libri. “Ho scoperto cose inquietanti quando mi è stato affidato l’incarico di scrivere un manuale di storia del ‘900 per la terza media. Ero convinta che ci fossero dei testi omogenei, ma non è così: ci sono testi di basso livello, di medio e pochi testi di alto livello – ha spiegato la giornalista e scrittrice – All’inizio mi avevano segato tutti i trapassati dicendo che i ragazzi non lo capiscono, ma ci sono situazioni in cui si usano. Poi, nemico numero uno è il punto e virgola; vietato anche l’uso di metafore. Sono rimasta raggelata, abbiam fatto cose belle ma un pensiero così mi ha fatto venire i brividi”.
Rossella Bernascone, a cui si deve la traduzione del noto libro per ragazzi Diario di una schiappa, ha parlato del rapporto tra lavoro dei traduttori e mercato editoriale: “Vengo alla fiera di Torino da quando è nata. I libri sono tantissimi. Se calcolo tutti i guadagni, arrivo alla conclusione che oggi si guadagna di più anche se mangiamo tutti un po’ di meno perché siamo di più a lavorare attorno ai libri”. Con l’ambiente editoriale in continua espansione verso nuove forme di pubblicazione, anche per i traduttori vi sono maggiori opportunità di lavoro, ad esempio con gli autori che si autopubblicano o con quelli che scelgono la sola via digitale: “Può essere positivo o negativo, ma significa comunque più lavoro” ha commentato Bernascone. Dal canto suo, Morpurgo ha tratteggiato alcuni limiti della lettura digitale: “Va a beccare un segmento che è quello del lettore forte e non va a toccare quella fetta troppo grande di gente che non legge o che legge senza essere però in grado di capire. Il digitale può essere anche una fonte di smarrimento: si può incorrere ad esempio in recensioni positive scritte su commissione; c’è quindi un rischio di inquinamento della credibilità”.
La domanda cruciale, che lega qualità del lavoro e quantità di informazioni reperibili sul web, è stata posta da Capelli: “Come facciamo a far sì che la rete possa diventare un luogo dove ricostruire circuiti di autorevolezza e di circolazione di contenuti complessi? Non dobbiamo lasciare che a governare la rete sia solo chi lo fa per profitto. Mettiamoci per esempio a scrivere anche noi recensioni pessime per quei libri che non valgono e scriviamo recensioni buone quando lo crediamo. Svolgiamo le cose in positivo!”. A conclusione del confronto, si è alzata una voce tra il pubblico, quella del traduttore Daniele Petruccioli: “Dobbiamo incominciare a lavorare insieme, ci vuole meno prevenzione da parte degli editori. L’ebook è una grande opportunità ma per noi c’è un conflitto con i compensi e i diritti: bisogna avviare un discorso sulle royalties che possa aprire percorsi proficui. Trovo poco ascolto su questo punto da parte degli editori con cui lavoro. E’ una responsabilità di tutti la difesa della cultura“.