E’ la verità, non c’è trucco! Per sfornare una buona graphic novel c’è bisogno di un bel gioco di squadra e di una particolare sintonia tra sceneggiatore e disegnatore. Di sicuro, ci deve essere la passione a muovere i fili di due professioni così creative e particolari.
Lo dimostrano Antonio Recupero e Cristian di Clemente, autori di Non c’è trucco. Questa graphic novel edita da Tunuè, uscita nell’ottobre 2010 con introduzione di Paolo Nori, racconta la storia del giovane prestigiatore Daniele che riesce a ritrovare slancio per la magia, sul palco come nella vita, studiando un trucco “mozzafiato” (lo dimostra il finale della graphic novel). Il volume, articolato in 78 pagine, inizia con un’interessante carrellata sulle tavole preparatorie, corredate da vari schizzi e fotografie che hanno ispirato l’ambientazione: un modo per introdurre il lettore nel cuore dell’opera e farlo sentire quasi un po’ partecipe della sua creazione. Quindi ci si addentra in dialoghi chiari e realistici inseriti in immagini ricche di dettagli che, sebbene tratteggiate nelle varie tonalità del bianco e del nero, trasudano colore ed espressività.

Antonio Recupero, nato a Messina nel 1977 e laureato in Giurisprudenza, ha studiato sceneggiatura alla Scuola Internazionale di Comics di Roma, ha collaborato con le principali etichette di fumetti e prosegue con le e-zine di Fumettomania.net e Komix.it. Il 35enne Cristian Di Clemente, abruzzese d’origine ma con qualche anno di vita in Germania alle spalle, si muove tra fumetti e musica; ha illustrato libri per bambini e per le scuole elementari, è coordinatore di laboratori di fumetto per scambi culturali per la comunità europea ed insegna alla Scuola Internazionale di Comics di Chieti e di Pescara.
Mettiamo allora a confronto lo sceneggiatore (Antonio) ed il disegnatore (Cristian) e vediamo cosa li ha accomunati durante la preparazione del volume e come si definisce il lavoro in cordata*.
Come è spuntata la passione per i fumetti?
A: Difficile capire quale è stato il momento preciso. Mentre i miei coetanei imparavano a leggere su Topolino, io ho imparato sui fumetti di supereroi della Editoriale Corno. Mio padre me li comprava perché erano colorati e io cercavo di capire cosa succedeva a quegli strani personaggi con costumi insoliti. Intanto in TV il programma Supergulp trasmetteva i cartoni di Thor, Capitan America e altri in animazione parziale. Quindi forse, inconsciamente, è partito tutto da lì. Poi, nell’adolescenza, c’è stata la riscoperta di quegli stessi personaggi. E il resto, come si dice, è storia.
C: Beh… questo proprio non lo so. Credo fosse una cosa innata nei miei geni. Fin dai primi vagiti, infatti, da che mi ricordi, ho sempre avuto la matita in mano e disegnato. Certamente è una passione e, come per respirare o mangiare, non ne posso fare a meno, mai. Comunque, i miei genitori alimentavano copiosamente questa mia passione rimpinzandomi di giornalini e fumetti vari ogni volta che avevano l’occasione di comperarne.
Quali sono le fasi di lavoro e gli strumenti che utilizza uno sceneggiatore di fumetti e graphic novel?
A: Intanto, armarsi di pazienza e block notes. Appuntarsi un dialogo, un’idea o una situazione curiosa è spesso la base di partenza per una storia. Le fasi di lavoro vanno dai primi appunti, al soggetto, dallo sviluppo della storia per scene alla sceneggiatura finale. Poi, ognuno personalizza fasi e metodi di lavoro, ma il risultato finale nasce sempre da un buon uso delle parole e da un buono studio delle dinamiche narrative, per qualsiasi genere di fumetto.
Quali sono le fasi di lavoro e gli strumenti che utilizza un disegnatore di fumetti e graphic novel?
C: Le fasi sono molteplici. Si comincia con l’alzarsi presto la mattina, tra le undici e le due del pomeriggio, tanto per arrivare preparati e riposati alla scrivania. Seconda fase: una luculliana colazione a base di dolci, nutella e biscotti vari. Poi, quando finalmente mi sento pronto, mi siedo alla scrivania e si comincia a lavorare. All’inizio, nella preparazione di un nuovo lavoro, c’è sempre una fase di documentazione, dove si tralasciano carta e matita. Ad esempio ricerca fotografica dei luoghi da disegnare, ideazione caratteriale dei personaggi, il loro abbigliamento, capigliatura, veicoli da utilizzare. Fatto questo, si passa alla realizzazione di un layout, ovvero ad una sorta di brutta copia della storia, disegnato in modo molto veloce e sintetico tralasciando i dettagli e concentrandosi sugli spazi del foglio e sul movimento dei personaggi, per vedere se tutto corrisponde a ciò che si vuole ottenere nel risultato finale e se la narrazione scorre bene tra testo e immagini. Poi, eventualmente, si ottimizza il lavoro. Successivamente, le tavole vengono ridisegnate in bella copia a matita, stavolta lavorando molto sui dettagli, sulle espressioni dei volti e le ambientazioni. Le ultime due fasi sono di inchiostrazione, ovvero dove viene tutto “ripassato” con inchiostro di china ed eventualmente colorato se richiesto. A questo punto si scansiona tutto e si spedisce ai collaboratori (sceneggiatore, editore…) per il verdetto finale.
Come è nata l’idea per la realizzazione di “Non c’è trucco”?
A: L’idea è balenata all’improvviso. Stavo pensando inizialmente ad un racconto, sul tema della pigrizia e del talento, e la prestidigitazione si adattava come metafora di certi talenti “ordinariamente straordinari”. Poi mi sono trovato a parlare con Cristian della possibilità di lavorare insieme ad un libro a fumetti più corposo delle solite storielline, e mi sono reso conto che l’idea si prestava bene alla cosa.
Come è arrivata la proposta di collaborare?
C: Antonio è un incredibile fucina di idee, il suo cervello non smette mai di lavorare, anche mentre dorme (mi risulta) e sforna molte storie fantastiche. Cerchiamo di scegliere le migliori. Per presentare i lavori, lui è quello che lavora di pubbliche relazioni e si fa portavoce della squadra, io sono quello che resta a casa chino sulla scrivania a prendermi le sue frustate, (mi contatta praticamente tutti giorni con telefonate, e-mail, facebook ed ogni altro mezzo possibile: AIUTOOO). Il progetto Non c’è trucco mi ha convinto da subito e l’ho disegnato con entusiasmo e sapendo anche della prestigiosa casa editrice che ci avrebbe pubblicato l’euforia è salita alle stelle.
Che tipo di rapporto c’è tra sceneggiatore e illustratore?
A: Di amore e odio direi! Al di là degli scherzi, con Cristian il lavoro nasce sulla base di una buona amicizia, oltre alla comune propensione al cazzeggio. L’importante, in questi casi, è lavorare con la massima sincerità, non lesinando critiche e osservazioni al lavoro dell’altro, così da poter instaurare una dinamica professionale di crescita. Una buona comunicazione tra sceneggiatore e disegnatore aiuta sicuramente a migliorare il fumetto su cui si lavora.
C: Questa è una bella domanda. In realtà ci sono diversi tipi di sceneggiatori e disegnatori. Lo sceneggiatore è un po’ come il regista della storia: decide cosa fanno i personaggi, cosa dicono come si muovono, come si svilupperà la storia insomma, ed anche le inquadrature e le luci in alcuni casi. Ma a volte c’è chi lascia molta libertà di espressione al disegnatore, come in questo caso. Infatti la nostra collaborazione, secondo me, funziona anche per questo: io sono un po’ un solista, uno che non segue sempre la strada battuta e mi piace fare di testa mia seguendo l’ispirazione del momento. Una collaborazione dovrebbe anche vertere sul confronto di diverse idee per raggiungere il fine comune. Se la cosa funzione si fa’, a prescindere da chi l’abbia pensata; succede che sia io a modificare una sua idea o viceversa.
Nelle righe che hai scritto di ringraziamento, fai cenno a numerose mail che hai inviato al disegnatore per comunicare delle modifiche: di cosa si tratta e come sono state ragionate o si sono inserite nella stesura dell’opera?
A: Sono per l’appunto le osservazioni a cui accennavo prima. Ovviamente, in alcuni casi, ricambiate da osservazioni sul mio lavoro. Poi c’erano anche varie minacce di morte inviate a Cristian quando tardava a consegnare le tavole.
Nelle righe che Antonio Recupero ha scritto di ringraziamento, ti cita per la pazienza nell’aver seguito le sue numerose mail con le correzioni: come queste hanno influito sul lavoro e sul risultato finale?
C: Come avrai già intuito dalle prime risposte, io sono un tipo alquanto pigro, le mail di Antonio sono oltre che di supporto morale, sveglia all’alba e sprone al lavoro, anche di revisione sul percorso fatto fino a quel punto. La storia invece è stata realizzata seguendo quasi letteralmente la sua sceneggiatura. Vi svelo un segreto: mi sono preso qualche libertà; ad esempio ho cambiato l’auto del protagonista, doveva essere una Fiesta ed io ho fatto una Twingo (HE HE HE HE) Non ho trovato una foto decente di una fiesta da guardare e quindi mi sono buttato sulla Twingo che invece avevo nel mio archivio personale (HE HE HE HE). Ma succede anche di peggio…
Da cosa e da chi hai tratto ispirazione per caratterizzare i personaggi? Ti riconosci in qualcuno di essi in particolare?
A: Come accennato nei ringraziamenti, quasi tutti i personaggi di Non c’è trucco hanno una controparte reale in persone che conosco o ho conosciuto. E ovviamente in tutti loro c’è qualcosa di me, del mio modo di vedere certe categorie umane.
C: In realtà ho cercato di non prendere necessariamente persone reali per I miei personaggi, all’inizio ho disegnato Daniele molto in carne, insomma il ragazzo della porta accanto anziché prendere come spunto Johhny Deep o Brat Pitt (il figo della situazione), come succede quasi sempre per i protagonisti di una serie. Abbiamo poi optato invece, per un Daniele diverso, più alto e slanciato e visto che a volte cerco di trovare qualche similitudine con attori che potrebbero interpretare il mio personaggio ho cercato di immaginare ad esempio Luca Argentero nei panni di Daniele. Ma alla fine ho fatto di testa mia. Io mi riconosco MOOOOOLTO in Daniele: quando Antonio mi ha presentato il progetto, quasi credevo che parlasse di me.
C’è qualche striscia di questo lavoro a cui sei particolarmente affezionato e, per contro, qualcuna che ti ha creato dubbi o difficoltà?
A: La scelta dell’impostazione data al finale è stata abbastanza combattuta. Non volevo qualcosa di pessimista, né tantomeno di moraleggiante. Alla fine ho optato per un equilibrio quasi “zen”, ma senza prendermi troppo sul serio. E questo ovviamente mi ha portato a tenere molto a quella sequenza. E poi mi sono divertito un mondo nelle parti più propriamente umoristiche.
C: Sicuramente hanno richiesto più attenzione le strisce con i fondali di Roma, per cui ovviamente devi documentarti su quella piazza o vicolo o semaforo. Antonio è molto esigente ed ha la tendenza ad ambientare sempre le sue storie in strade reali con riferimenti veri alla città. Ma è un impegno divertente perché ho sempre adorato disegnare strade e palazzi.
Come sintetizzeresti la morale della storia e a chi consiglieresti di leggere questa graphic?
A: Come dicevo, non mi piace parlare di morale della storia. Una storia è finita in sé, ognuno poi ci trova il significato di cui ha più bisogno in quel momento. Per me è stata una storia che parla della necessità di mettersi sempre in gioco, di impegnarsi e non accontentarsi. Sicuramente è una storia che vorrebbe dare una sferzata ad alcuni eterni indecisi.
C: “Ogni nome un uomo, ogni uomo una storia, La vita non regala niente allori e niente Gloria”. Autocitazione da una mia canzone, “Buon cammino”, del mio gruppo Progetto Nuda Veritas. Morale: datti da fare e non dormire sugli allori, la vita non ti aspetta.
Quale brano musicale sceglieresti come sottofondo di “Non c’è trucco”?
A: E’ dura questa… Ho ascoltato tantissima musica mentre scrivevo. Volendo scegliere dei brani “a tema”, si potrebbe star bene “Walter il mago” di Ligabue, o “A kind of magic” dei Queen. Ma anche “Vecchi difetti” dei Marta sui Tubi, o “Il tuffatore di fondali bassi” degli Akkura potrebbero starci bene.
C: ovviamente “Buon cammino” (HE HE HE HE HE).

*Per far emergere bene il rapporto che lega i due soggetti, l’intervista è riportata integralmente, con commenti e battute originali ed evidenziati in stampatello dagli stessi intervistati proprio come spesso si usa nei fumetti.
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